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Conosco poco di Pasolini, ma quel poco che so mi piace.

Forse era un radicale, di certo era un provocatore, controverso e curioso della vita e delle persone, uno che odiava il giudizio e il pregiudizio, che voleva conoscere e capire davvero. E’ stato uno che di battaglie ne ha viste e vissute tante, di più: lui stesso era una battaglia vivente. E la lotta oggi è un tema caldo, tuttavia viene vissuta come una sorta di novità, tanti ne parlano, in molti si agitano, ma che ne sappiamo alla fine della lotta?

Molto a dire il vero, non è mica la prima volta che accadono vicende simili; ma tra il sapere e il capire e saper interpretare per pensare al presente e al futuro ce ne passa. A me vengono in mente tre personaggi nel vedere i fatti di questi giorni: Cossiga (e una sua recente intervista), Battisti (altra intervista -seppur parziale-) e Pasolini.

Ognuno di loro per motivi diversi ha qualcosa da insegnarci su quello che è successo a Roma pochi giorni fa. Sui primi due fate voi le vostre riflessioni, non starò qui a parlare delle mie su di loro perché quello che mi lascia un segno più forte e chiaro è Pasolini che capiva meglio di tanti le persone e scriveva queste parole ai manifestanti di Valle Giulia nel giugno del ’68:

Il PCI ai giovani

È triste. La polemica contro 
il PCI andava fatta nella prima metà 
del decennio passato. Siete in ritardo, figli. 
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati… 
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi 
quelli delle televisioni) 
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio 
delle Università) il culo. Io no, amici. 
Avete facce di figli di papà. 
Buona razza non mente. 
Avete lo stesso occhio cattivo. 
Siete paurosi, incerti, disperati 
(benissimo) ma sapete anche come essere 
prepotenti, ricattatori e sicuri: 
prerogative piccoloborghesi, amici. 
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte 
coi poliziotti, 
io simpatizzavo coi poliziotti! 
Perché i poliziotti sono figli di poveri. 
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. 
Quanto a me, conosco assai bene 
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi, 
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, 
a causa della miseria, che non dà autorità. 
La madre incallita come un facchino, o tenera, 
per qualche malattia, come un uccellino; 
i tanti fratelli, la casupola 
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni 
altrui, lottizzati); i bassi 
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi 
caseggiati popolari, ecc. ecc. 
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci, 
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio 
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, 
e lo stato psicologico cui sono ridotti 
(per una quarantina di mille lire al mese): 
senza più sorriso, 
senza più amicizia col mondo, 
separati, 
esclusi (in una esclusione che non ha uguali); 
umiliati dalla perdita della qualità di uomini 
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare). 
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care. 
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia. 
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete! 
I ragazzi poliziotti 
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione 
risorgimentale) 
di figli di papà, avete bastonato, 
appartengono all’altra classe sociale. 
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento 
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte 
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte 
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, 
la vostra! In questi casi, 
ai poliziotti si danno i fiori, amici.

[…]

Pier Paolo Pasolini

Capito black pippe? Fiori ai poliziotti. Imparate a fare rumore davvero.

Ultima Online

Quando facevo il liceo e avevo molto più tempo libero giocavo a uno dei più famosi MMORPG: Ultima Online.

MMORPG sta per gioco di ruolo multiplayer online di massa, immaginate un grande mondo online in cui impersonate un personaggio (un avatar) con cui potete acquisire delle abilità, fare missioni, conquistare oggetti preziosi, fare la guerra con dei personaggi, allearvi con altri e così via. Le tipologie di personaggi in sintesi erano due: gli spec e i power player, quelli specializzati e quelli che facevano un po’ di tutto.

Gli specializzati erano eccellenti nel proprio campo (guerriero con la spada, fabbro di armi, artigiano del legno etc…) ma molto limitati negli altri, i power player invece avevano un parco di abilità molto più ampio ma non arrivavano ai livelli di eccellenza in un campo di uno specializzato. Ecco, io ho sempre amato essere un powerplayer.

Perché privarsi del conoscere e saper fare tante cose? Perché limitarsi a un singolo ambito di specializzazione e non lasciarsi appassionare dagli infiniti mondi che stanno là fuori e di cui sappiamo poco o niente? Non avendo una buona risposta a queste domande ho fatto da tempo la scelta più ovvia: faccio tante cose diverse e cerco di tenere la mente aperta a cose di cui non so niente.

A naso mi pare che questo modo di fare non sia comune. C’è anzi il ridicolo mito che l’iperspecializzazione sia un valore in sé, e che uno dei più grossi limiti del sistema culturale italiano sia l’avere un modello formativo sostanzialmente opposto. Io non credo sia così, credo invece che sia bene arricchire le proprie esperienze con elementi di discipline diverse. Poi in ciascuna si può andare più o meno “in profondità”, e conviene quasi sempre raggiungere un certo grado di conoscenza e competenza in ognuna, diversamente si corre il rischio di tendere verso una tuttologia/fuffologia inutile e triste.

Tu sei un powerplayer o forse un aspirante tale?

Nel primo caso magari condividi quello che ho scritto e non ti ho detto niente di nuovo, ma forse puoi aggiungere qualcosa a questo post, corri ai commenti! : )

Nel secondo caso ecco tre cose che ti servono: curiosità, ascolto e gioco.

Fatina curiosa

[Curiosità] Se non senti quel fuocherello sempre acceso che ti stimola a conoscere, provare, studiare, chiedere e informarti di qualcosa ti mancano le basi per partire, non sarai mai un powerplayer (e magari non te ne frega niente e stai bene così, buon per te : ). (foto credit: akseez)

Listen

[Ascolto] L’ascolto è una pratica dimenticata e dispersa nella notte dei tempi, se vuoi essere un powerplayer devi recuperarla e farne la tua arma migliore. Impara a stare zitto e ad ascoltare. Fai domande, e poi stai zitto e ascolta, soprattutto gli specializzati. Imparerai tanto, poi puoi pure iniziare a parlare anche tu eh… non appena hai imparato qualcosa dì la tua, e magari dì allo specializzato quanto è bello essere un powerplayer : ). (foto credit: ki_olsen)

Gioco

[Gioco] Ti sei incuriosito, hai ascoltato, ora è il momento di iniziare a fare sul serio: devi iniziare a giocare. Questa è un’altra pratica un po’ dimenticata e un po’ fraintesa, ma questo non importa, l’importante è che tu ti metta a giocare nel mondo a cui ti stai avvicinando (sia esso l’astrofisica o la cura di un terreno agricolo). (foto credit: Dunechaser)

Il gioco è una pratica complessa, provo a sintetizzarla in poche righe. Devi fare, senza badare alle conseguenze, cercando di raggiungere uno o più scopi. Devi sperimentare, provare modi diversi di fare le cose, impegnandoti ma senza arrivare a livelli alti di frustrazione. Se vuoi puoi darti delle regole o una modalità d’azione, anche generale, questo rende il tutto più interessante e divertente. Pensa ai bambini, molte delle cose che sto descrivendo caratterizzano la loro esperienza, e guarda caso la loro esperienza ha un obiettivo ben preciso: imparare. Per essere un buon powerplayer devi imparare no?

Ecco, vai a giocare : )

Vagare a vista

Vediamo se riesco a spaventarti.

Sei venticiquenne o giù di lì. Fai l’università, magari va bene, magari no. Hai fatto qualcosa, lavoretti, due soldi, qualche viaggio, “esperienze”, casualità varie. Dopo: vaghe speranze, vaghe ipotesi, vaghezze varie. Ogni tanto ti chiedi: “cosa sto facendo?”. Non hai una risposta convincente ma te la do io: vaghi a vista. “Vaghi” perché non sai dove andare, “a vista” perché hai culo e ancora hai un campo visivo, piccolo ma ce l’hai, e ti salva, perché vedi qualcosa, magari lo segui e da qualche parte andrai a parare. Speri che tutto sommato non andrà male.

La domanda giusta é: “ma che cazzo fai?”. E’ la stessa cosa che ti chiedevi poco fa, solo che stavolta te lo dico io, e un po’ mi sono arrabbiato, perché stai agendo in modo stupido. Il paragrafo precedente é pieno di azioni idiote e se ti ci riconosci ne stai facendo un bel po’. Questo non avrà conseguenze positive. Fra pochi anni anche la società più gerontocratica ti spaccierebbe per adulto, e magari ti prenderà per il culo fino a 35 anni dicendoti che sei giovane, tu però avrai tutte le caratteristiche peggiori di un adolescente: non sarai autonomo, sarai molto instabile e sempre più insoddisfatto. Se sei sardo o umbro hai circa il doppio delle probabilità di ammazzarti rispetto alla media nazionale, e tutti cercheranno inutilmente di spiegarsi la cosa. La verità è che quel campo visivo di cui ti parlavo prima si sarà assottigliato sempre più, non vedrai più niente e farai l’unica cosa che per te ha senso in quel momento.

Perché? (il problema)

Il problema principale é uno, te lo spiego da due punti di vista.

1) Sei stato fregato dalla società.

Una lunga serie di cose ti hanno fatto pensare che ci fosse una strada per te, che questa ti sarebbe stata indicata da qualcuno o che in qualche modo l’avresti trovata mentre già la percorrevi. Sei stato fregato insomma.

Tutto sembrava così lineare, studio ->  lavoro -> vado in pensione. Sì come no… é come quella di babbo natale, ma così come non c’é nessun vecchio che si cala dal camino, non c’é nessuno che ti ha preparato quel percorso. Ti senti una vittima, ti lamenti spesso e non sai di preciso cosa fare.

2) Ti sei fatto fregare dalla società.

Per tutte le cose che ti potevano far pensare che ci fosse una strada per te ce n’erano altrettante molto più banali ed evidenti che suggerivano l’esatto contrario. Tutte queste cose avresti dovuto vederle sempre di più con l’avvicinarti alla tua età attuale. Se non l’hai fatto hai colpevolmente frainteso tutto.

Niente é lineare, la modernità è liquida, crollano imperi, il mondo é in subbuglio e tu ti sei adagiato su convinzioni pigre e a lungo andare pericolose. Devi fare qualcosa per correggere il tiro.

Il secondo punto di vista é quello giusto. Il primo parla della stessa cosa ma non ti porta a un accidenti, il secondo ti farà arrivare a qualcosa di utile.

Vediamo che si può fare (la soluzione)

Sciacquati la faccia per bene, nel farlo levati tutte le convinzioni idiote di cui sopra, sbarazzatene per sempre. Se lo vuoi acqua fresca e sapone possono fare molto.

Pensa agli “strong moment”, i momenti in cui ti sei sentito alla grande, sensazioni positive, consapevolezza dei propri mezzi, pensavi al futuro con  fiducia e non vedevi l’ora di fare qualcosa per arrivarci.

// Segnati tutto dove ti pare, carta, pc, mac, argilla… basta che poi tu lo possa consultare e aggiornare  facilmente. //

Rimuovi le nominalizzazioni. Se pensavi a uno “strong moment” del tipo: “la decisione di lasciare gli studi e iniziare a lavorare” oppure “la discussione con i colleghi in cui hanno riconosciuto la mia competenza” devi riformulare così: “la decisione” deve diventare -> “ho deciso”, “la discussione” deve diventare -> “ho discusso”. In questo modo identifichi le attività che svolgevi a livello di processo, questo ti dà un’idea più chiara delle cose che fai e ti fanno stare bene.

Referenzia tutto. A questo punto hai una serie di cose che sai che ti piace fare ma siamo rimasti un po’ “alti”, un livello di generalizzazione eccessivo non ti aiuta perché potresti “decidere” o “discutere” in infiniti modi diversi e di cose diverse. Per contestualizzare meglio queste attività pensa agli “strong moment” referenziando tutto ciò che non ha corrispondenza con il reale. I colleghi della discussione di prima chi sono? che lavoro facevate? di che si parlava? quale competenza ti hanno riconosciuto? Non lasciare niente senza un collegamento con la realtà. Questo ti aiuta a focalizzarti meglio sul merito delle attività che hai individuato prima e l’ambito in cui impiegarle (della serie: vuoi essere un palazzinaro o occuparti di urbanità sostenibile?).

Svolto questo doppio lavoro su diversi “strong moment” troverai pattern comuni e temi ricorrenti. Proietta nel futuro tutti questi elementi, se fai un buon lavoro inizierai a vedere tante strade, e in ciascuna di queste un’infinità di cose da fare, tappe da percorrere, bivi, obiettivi e orizzonti.

Il passo successivo é sceglierne una con decisione, e la consapevolezza di andare in una direzione che ti fa crescere e stare meglio. Inizi di nuovo ad andare avanti, levandoti quella zavorra inutile che fino ad ora ti sei portato appresso.

Due dritte per chiudere.

1) Inizia con scelte precise, step definiti, micro-obiettivi e identifica quanti più modi efficaci per raggiungerli.

2) Tutto ciò che ti rallenta nel fare qualcosa é al 99,9% terrore, paura, fifa, strizza, timore, ansia, fobia, sgomento e derivati. Liberatene, è roba che ti salva da un serpente nella giungla reale, non dai pericoli invisibili della giungla artificiale. Non credo tu viva nella prima.

Disclaimer:

ho scritto questo post qualche tempo fa, tristemente ispirato da vicende comuni a coetanei e amici e in generale dall’aria di sfiga che la mia generazione si porta appresso. Prendetelo come tale, o come vi pare ; )

Di seguito: orrore e raccapriccio, un film vi ritrae dal passato (32 anni fa). Che strizza.

Pensate che “La cura” di Franco Battiato sia una canzone d’amore raffinata e poetica? Dolce, delicata, intensa?

Archetti, synth e vocalità suadenti vi hanno ingannato. Il pezzo si presta a questa interpretazione più immediata, ma per scoprirne i diversi livelli di lettura e i significati nascosti bisogna andare oltre.

Dopo un’analisi approfondita eccone svelati alcuni aspetti più controversi.

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie

Inizi una canzone d’amore dalle suddette caratteristiche parlando di paure e ipocondrie? Siamo onesti, questo al massimo è l’incipit di un monologo su un rapporto problematico, contorto, asimmetrico e dai risvolti imprevedibili.

“dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via”

Come sopra, perché ci sono dei cattivi presagi in vista? Qualcosa non torna, perchè “da oggi” poi? Qualcuno architetta qualcosa contro l’amato/a, forse lo stesso autore?

“Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.”

Ok il mondo cattivo, inospitale, babilonia etc… ma poi perché “per natura” qualcuno dovrebbe attirare fallimenti? Inettitudine acuta? Sfiducia cronica nei propri mezzi? Cospirazioni (di nuovo)? Potreste obiettare che l’autore si riferisca al concetto espresso nel famoso detto “errare humanum est”, in questo caso le cose sono due: licenza poetica troppo licenziosa o semplice scorrettezza semantica (sbagliare non è fallire).

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore, dalle ossessioni delle tue manie.

Daje… s’é capito che questa/o c’ha dei problemi, andiamo oltre.

Supererò le correnti gravitazionali,lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale, ed io, avrò cura di te.

L’ascesa dalle “correnti gravitazionali” é un momento di elevazione e si ripeterà nel corso del brano come momento catartico di soluzione dalle tensioni generate nei versi. La frase successiva tuttavia segna una certa discontinuità; senza perché e percome il destinatario/a guarirà da tutto, il che é sospetto. Cioè: io mi elevo –> tu guarisci? La spiegazione fornita é in realtà un’evidente tautologia, “perché sei un essere speciale”… embé? Tanto più che tale specialità fin’ora é composta da tratti negativi e un po’ inquietanti.

Vagavo per i campi del Tennessee (come vi ero arrivato, chissà).

C’é un momento di svolta, l’autore chiaramente scappa via, appare comprensibile il perché, si tratta di un momento di lucidità, la situazione non é delle più piacevoli: problemi, magagne, rotture di scatole, via di quì! Più che altro in questo passaggio non é chiara la sorpresa del vagare nei campi del Tennessee (“come vi ero arrivato, chissà”). In realtà i presupposti  rendono piuttosto plausibile la fuga in un posto lontano e uno stato confusionario che porterebbe al vagare. Andiamo oltre.

Non hai fiori bianchi per me? Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare.

Il probabile agente parlante nella prima frase “non hai fiori bianchi per me?” è il destinatario/a del brano. La reazione anche stavolta é evidente: via per mare di gran lena.

Il seguito del brano continua a fornire spunti di riflessione, alti e bassi, ripensamenti, distanze e avvicinamenti in un intricato altalenare di senso.

A voi il compito di scoprirli.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza.
I profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
TI salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te…
io sì, che avrò cura di te.

Vi lascio con la solita immagine evidentemente legata al testo che ha soprattutto il compito di fornire una thumb ai social network che non riescono a embeddare nelle anteprime di questo link il video youtube.

Photo credit: Tolka Rover

Vedendo dei video di Elio e le Storie Tese su youtube sono incappato su questa puntata del dopofestival (Sanremo 2008):

Certe perle te le perdi per strada, poi però é un piacere scoprirle anche postume.

Dopo un’attenta analisi del testo sono riuscito a decifrarlo e quindi a svelare la grandezza e l’intensità dell’opera anche ai meno raffinati e sensibili (come quelli che nel video la sminuiscono e la deridono).

A chi dice che non sei normale
tu non piangere su quello che non sei

va letto come:

non piangere a causa dell’immagine di normalità che le persone non verificano su di te

oppure parafrasando:

le persone che ti dicono che non sei normale non devono farti star male  facendoti pensare alla loro immagine di normalità (“quello che non sei”)

Questa la prima frase, dotata di ineffabile follia semantica e ritmo traverso.

Andiamo oltre.

Se il cuore batte forte dà vita a quella morte che vive dentro te.

va letto come:

con l’intensità delle tue emozioni darai vitalità ai sentimenti negativi che provi

In questo caso l’ossimoro della “morte viva” é solo apparentemente banale e dialoga con il precedente “dà vita” in un intreccio ricorsivo di significato che destabilizza ma allo stesso tempo affascina.

Il video non offre tanti altri spunti interessanti, il testo tuttavia é ricco di ulteriori altezze più che degne di nota.

A titolo di esempio vi suggerisco nel primo verso un chiaro rimando all’equivoco identità di genere / orientamento sessuale nel riferimento al trucco rimasto sul letto e alla volontà dell’amico di somigliare a una donna (la cantante, nella fattispecie) e amare come lei. Il tema quì viene affrontato con manifesta chiarezza, quasi neorealistica.

Magnifico… lascio a voi il piacere di trovare gli altri motivi di riflessione e approfondimento dell’opera:

Il mio amico che non dorme mai di notte
Resta sveglio fino a quando fa mattina
Con il viso stanco e ancora un po’
Di trucco lascia
I sogni chiusi dentro ad un cuscino
Il mio amico ha molta luce dentro gli occhi
Per guardare chi non c’è
Fa di tutto per assomigliarmi tanto vuole amare come me

Ma poi si chiude dentro di sé
Il mio amico s’incammina per la strada
Fa un accenno e ti saluta col sorriso
Nel suo sguardo attento e un poco malizioso
Per avvicinarsi trova mille scuse
Il mio amico avvolto dentro l’amarezza
Mi fa tanta tenerezza
Anche quando nasce l’alba più sicura
Poi di notte gli regala la paura
Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’ di più
Dimmi che male c’è
Se ami un altro uomo
Se il cuore batte forte
Dà la vita a quella morte che vive dentro te…
Il mio amico cerca un nuovo fidanzato
Perché l’altro già da un pezzo l’ha tradito
Dorme spesso accanto a me dentro al mio letto
E si lascia accarezzare come un gatto
Il mio amico mi confida le sue cose
Anche quelle che non sa
Poi mi guarda mentre spegne il suo sorriso
Spera sempre in quell’amore che non ha

Dimmi che male c’è
Se ami un altro come te
L’amore non ha sesso
Il brivido è lo stesso
O forse un po’ di più
Nel cammino dell’amore
Scende sempre quel dolore dentro te
C’è chi ti guarda con disprezzo
Perché ha il cuore di un pupazzo dentro
Se a chi dice che non sei normale
Tu non piangere su quello che non sei
Lui non sa che pure tu sei
Uguale a noi e che siamo figli dello stesso Dio
Dimmi che male c’è
Se ami un uomo come te
Se il cuore batte forte
Dà vita a quella morte che vive dentro te…

Di seguito una foto sufficientemente melensa che si sposa bene con il testo ma soprattutto mi permette di avere una thumb nel condividere su facebook il link a questo articolo.

My Amsterdam

my amsterdam

Amsterdam è un posto pazzesco.

Basta un giretto in centro per rendersene conto.

Dopo 5/6 foto sulle prime cavolate che vi capitano a tiro capite che non ha senso proseguire, non finireste più. L’impressione è di essere nel paese dei balocchi, ma non perchè ti puoi strafare al primo coffe shop (tempo medio per andarci a sbattere: 5 minuti) quanto perchè i negozi sono monumenti al grottesco, le persone passeggiano tranquillamente con vestiti imbarazzanti, i commercianti ti chiamano per andare nel loro negozio mentre passeggi per i cazzi tuoi, case e arredamento urbano sono quanto di più sconclusionato si possa concepire, e così via.

Detto ciò non si può negare che sia una città piacevole.

Al turista si presenta piuttosto ordinata e organizzata. Appena usciti dalla stazione una ragazza ci ha fermato, abituato a Termini ma avendo disattivato le reazioni automatiche del caso (visto che eravamo a migliaia di km di distanza) quando la signorina ha attirato la nostra attenzione mi son detto: “bah, fregati, mo’ che vuole questa?”

Sorpresa: niente, anzi, voleva aiutarci!

Chiaramente avevamo scritto in fronte “turisti italiani” la nostra amica ci ha individuato e si è proposta per darci qualche indicazione dicendoci la strada migliore per arrivare in hotel.

Fantastico! Questa è accoglienza, Italia, prendi esempio va’ ; )

guida

Che altro?

Il Van Gogh Museum è molto bello, sia architettonicamente che per l’esposizione.

In questo periodo hanno una selezione delle opere di Vincent Van Gogh (e pochi altri artisti) legate dal tema della notte e il crepuscolo, il tour è allietato da una buona audioguida gratuita (quella sull’esposizione generale costa 4 euro invece).

Davvero un buon modo per variare sul tema della cronistoria (pur necessaria e ugualmente presentata bene) di vita e opere dell’artista. Peccato per il prezzo, 15 euro e niente riduzioni per studenti, come dire: cultura per tutti sì certo, basta che sganci.

Ah, per essere visitato richiede mezza giornata abbondante, non sperate di cavarvela in poche ore, sarebbe un peccato andarci di fretta.

van gogh museum interno

France mon amour

I francesi sono proprio strani.

Se chiedi qualcosa in giro ti guardano come un alieno e rispondono a malapena, se invece ti fermi per strada con una cartina in mano tempo 2 minuti e si ferma qualcuno che ti chiede se serve una mano.

Se non parli un francese pressochè perfetto pur di non risponderti in francese iniziano a farfugliare roba in inglese (che ovviamente non conoscono).

Le persone nell’interagire tra loro sono di una cortesia esasperata, tra “pardon”, “merci”, “merci bien”, “je vous en prie” e lecchinate varie (il tutto in un cantilenato in pieno stile melevisione) l’impressione è che da un momento all’altro si scateni una guerra civile.

Se non spieghi esattamente punto per punto ciò che ti serve a qualcuno che deve fare qualcosa per te stai tranquillo che fai un casino. C’è qualcosa nella mente dei francesi che gli impedisce di ragionare con flessibilità. Sono capaci di stamparti biglietti per treni già partiti, dirti di andare in un posto chiuso (sapendo che lo è), suggerirti cose che non puoi fare per motivi banali (tipo far firmare a tua madre dei documenti in giornata.. dall’Italia -_-‘ ) ecc…

Un consiglio: quando parlate con qualcuno a uno sportello pensate che sia una macchina. Parlate come quando scrivete in una riga di comando, è l’unico modo per fargli fare ciò che vi serve, spiegategli tutto (!), soprattutto le cazzate, perchè state tranquilli che non le darà per scontate e eseguirà il compito senza porsi minimamente il problema di fare un’oggettiva minchiata.

In tutto ciò stavolta durante la mia permanenza ho trovato uno sprazzo di simpatia insospettabile.

Se il sense of humour inglese vi deprime in Francia potreste tagliarvi le vene, ma qualcuno reagisce, e lo fa con stile:

Quand l'europe veut, l'europe peut

Ci sarebbero così tante cose da dire che è meglio non dire niente.
Ne parliamo “a freddo” un po’ più avanti.

Paradigm Shift

Paradigm ShiftPhoto credit: askpang

 

 

 

 

Paradigm shift“, il cambio di paradigma per il quartetto John Petrucci, Mike Portnoy, Tony Levin e Jordan Rudess è una sparata di sedicesimi a 200 bpm.

Bravi, interessante il loro (liquid tension) experiment, ma le innovazioni in comunicazione raramente si verificano in questo modo (leggi: dirompente, improvviso, rapido, impattante).
Questo non significa che non si verifichino, anzi, in questi ultimi tempi ne stiamo vivendo una importantissima in prima persona.
Eppure lo shift ce lo siamo dovuti inventare quasi “di sana pianta”, con una formula, un tag appiccicato a una cosa che conoscevamo già e che abbiamo assurto a nuovo paradigma, una nuova filosofia che indirizzasse l’utilizzo di strumenti già noti: il web 2.0.
(un tag) Talmente figo, così dannatamente cool da conoscere una fortuna straordinaria, in qualche modo “disruptive”, “new” o qualsiasi altra parola inglese possiate usare per mascherare poca sostanza.
Ma attenzione: “in qualche modo”, e a voler esssere precisi nel modo in cui può esserlo qualcosa che fa tendenza, che genera mode e colpi di fulmine, roba passeggera, che vive della leggerezza di cui si alimentano le novità del momento.
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Bellissima foto dal canale flickr della Casa Bianca.

Oltre che per condividerla la posto per provare la funzione di collegamento di Flickr con WordPress ; )