Conosco poco di Pasolini, ma quel poco che so mi piace.
Forse era un radicale, di certo era un provocatore, controverso e curioso della vita e delle persone, uno che odiava il giudizio e il pregiudizio, che voleva conoscere e capire davvero. E’ stato uno che di battaglie ne ha viste e vissute tante, di più: lui stesso era una battaglia vivente. E la lotta oggi è un tema caldo, tuttavia viene vissuta come una sorta di novità, tanti ne parlano, in molti si agitano, ma che ne sappiamo alla fine della lotta?
Molto a dire il vero, non è mica la prima volta che accadono vicende simili; ma tra il sapere e il capire e saper interpretare per pensare al presente e al futuro ce ne passa. A me vengono in mente tre personaggi nel vedere i fatti di questi giorni: Cossiga (e una sua recente intervista), Battisti (altra intervista -seppur parziale-) e Pasolini.
Ognuno di loro per motivi diversi ha qualcosa da insegnarci su quello che è successo a Roma pochi giorni fa. Sui primi due fate voi le vostre riflessioni, non starò qui a parlare delle mie su di loro perché quello che mi lascia un segno più forte e chiaro è Pasolini che capiva meglio di tanti le persone e scriveva queste parole ai manifestanti di Valle Giulia nel giugno del ’68:
Il PCI ai giovani
È triste. La polemica contro
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati…
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.
[…]
Pier Paolo Pasolini
Capito black pippe? Fiori ai poliziotti. Imparate a fare rumore davvero.
Io sono un powerplayer, tu?
aprile 9, 2011 di Michele Melis
Quando facevo il liceo e avevo molto più tempo libero giocavo a uno dei più famosi MMORPG: Ultima Online.
MMORPG sta per gioco di ruolo multiplayer online di massa, immaginate un grande mondo online in cui impersonate un personaggio (un avatar) con cui potete acquisire delle abilità, fare missioni, conquistare oggetti preziosi, fare la guerra con dei personaggi, allearvi con altri e così via. Le tipologie di personaggi in sintesi erano due: gli spec e i power player, quelli specializzati e quelli che facevano un po’ di tutto.
Gli specializzati erano eccellenti nel proprio campo (guerriero con la spada, fabbro di armi, artigiano del legno etc…) ma molto limitati negli altri, i power player invece avevano un parco di abilità molto più ampio ma non arrivavano ai livelli di eccellenza in un campo di uno specializzato. Ecco, io ho sempre amato essere un powerplayer.
Perché privarsi del conoscere e saper fare tante cose? Perché limitarsi a un singolo ambito di specializzazione e non lasciarsi appassionare dagli infiniti mondi che stanno là fuori e di cui sappiamo poco o niente? Non avendo una buona risposta a queste domande ho fatto da tempo la scelta più ovvia: faccio tante cose diverse e cerco di tenere la mente aperta a cose di cui non so niente.
A naso mi pare che questo modo di fare non sia comune. C’è anzi il ridicolo mito che l’iperspecializzazione sia un valore in sé, e che uno dei più grossi limiti del sistema culturale italiano sia l’avere un modello formativo sostanzialmente opposto. Io non credo sia così, credo invece che sia bene arricchire le proprie esperienze con elementi di discipline diverse. Poi in ciascuna si può andare più o meno “in profondità”, e conviene quasi sempre raggiungere un certo grado di conoscenza e competenza in ognuna, diversamente si corre il rischio di tendere verso una tuttologia/fuffologia inutile e triste.
Tu sei un powerplayer o forse un aspirante tale?
Nel primo caso magari condividi quello che ho scritto e non ti ho detto niente di nuovo, ma forse puoi aggiungere qualcosa a questo post, corri ai commenti! : )
Nel secondo caso ecco tre cose che ti servono: curiosità, ascolto e gioco.
[Curiosità] Se non senti quel fuocherello sempre acceso che ti stimola a conoscere, provare, studiare, chiedere e informarti di qualcosa ti mancano le basi per partire, non sarai mai un powerplayer (e magari non te ne frega niente e stai bene così, buon per te : ). (foto credit: akseez)
[Ascolto] L’ascolto è una pratica dimenticata e dispersa nella notte dei tempi, se vuoi essere un powerplayer devi recuperarla e farne la tua arma migliore. Impara a stare zitto e ad ascoltare. Fai domande, e poi stai zitto e ascolta, soprattutto gli specializzati. Imparerai tanto, poi puoi pure iniziare a parlare anche tu eh… non appena hai imparato qualcosa dì la tua, e magari dì allo specializzato quanto è bello essere un powerplayer : ). (foto credit: ki_olsen)
[Gioco] Ti sei incuriosito, hai ascoltato, ora è il momento di iniziare a fare sul serio: devi iniziare a giocare. Questa è un’altra pratica un po’ dimenticata e un po’ fraintesa, ma questo non importa, l’importante è che tu ti metta a giocare nel mondo a cui ti stai avvicinando (sia esso l’astrofisica o la cura di un terreno agricolo). (foto credit: Dunechaser)
Il gioco è una pratica complessa, provo a sintetizzarla in poche righe. Devi fare, senza badare alle conseguenze, cercando di raggiungere uno o più scopi. Devi sperimentare, provare modi diversi di fare le cose, impegnandoti ma senza arrivare a livelli alti di frustrazione. Se vuoi puoi darti delle regole o una modalità d’azione, anche generale, questo rende il tutto più interessante e divertente. Pensa ai bambini, molte delle cose che sto descrivendo caratterizzano la loro esperienza, e guarda caso la loro esperienza ha un obiettivo ben preciso: imparare. Per essere un buon powerplayer devi imparare no?
Ecco, vai a giocare : )
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